Mastoplastica Addittiva

L’aumento del seno o mastoplastica additiva è una delle procedure di chirurgia estetica più diffuse. Col tempo i fattori quali l’età, la genetica, la gravidanza, i cambiamenti di peso, l’esposizione al sole e la gravità, possono causare il cambiamento della forma e della misura del seno. Le donne che non sono più contente della forma o del volume delle loro mammelle possono avere un seno più pieno e formoso, con l’intervento di mastoplastica addittiva. Questo intervento può contribuire ad aumentare o equilibrare la forma e il volume del seno e a restituirgli la forma dopo perdite parziali o totali grazie all’impianto di una protesi. È importante tener conto che l’incremento della mammella non può correggere da solo seni ptosici, ma necessitano di interventi di sollevamento (lifting). ​

Cos’è una protesi?

Le protesi sono formate da involucri di materiale plastico ripieni di silicone in forma gelatinosa o di soluzione fisiologica.
E’ opportuno aprire una piccola parentesi per spiegare tutte le voci corse intorno alle protesi ed alle possibili insorgenze di malattie autoimmunitarie o peggio ancora tumorali legate al loro utilizzo.

Nel 1992 negli Stati Uniti la FDA (Federal Drug Administration) decise di sospendere l’impiego delle protesi in attesa di studi concreti sulla materia.

Venne istituita una commissione di studio e nel frattempo i vari paesi del resto del mondo scelsero di seguire o meno le indicazioni americane. In realtà esistevano già diversi studi in proposito e tutti escludevano correlazioni tra l’uso di protesi in silicone e la crescita di tumori o lo sviluppo di malattie autoimmuni.

Infatti in Germania ed il Regno Unito decisero di non prendere neanche in considerazione le decisioni americane.
In Italia il ministero della sanità applico pedissequamente le disposizioni americane ed i mass-media enfatizzarono e distorsero le notizie incriminando le protesi.
Nel 1995 le protesi furono totalmente scagionate, ma la notizia non venne data con lo stesso risalto ed allora cercheremo di dare alcune risposte a quelle che in sede di consultazione sembrano essere a nostro avviso le domande più frequenti.

 

Cosa è il silicone?

Il silicone è una famiglia di composti con molti usi comuni.

Tutti noi ogni giorno usiamo forse senza saperlo, oggetti contenenti silicone.
Le speciali caratteristiche del silicone li rendono ideali per molti prodotti, dagli impianti per uso chirurgico alle creme per le mani o al rossetto.
I siliconi vengono prodotti partendo dal silicio, un elemento che si trova in natura nelle sabbie, nel quarzo e nelle rocce.
A seconda di come vengono disposte le molecole nel silicio, il silicone stesso può essere prodotto in varie forme: polveri, olii, gel ed elastomeri.

Impiego del silicone in medicina e chirurgia

Il silicone viene utilizzato in medicina da circa cinquanta anni.
Nessun altro materiale ha mostrato di essere così bio-compatibile, affidabile, flessibile, morbido e facilmente sterilizzabile come il silicone.
I siliconi resistono alle sollecitazioni chimiche più spinte come l’ambiente acido dello stomaco.
Il silicone è utilizzato per rivestire aghi e fili chirurgici, l’interno delle siringhe e dei flaconi per la conservazione del sangue o di farmaci per infusione endovenose, per rivestire pace-maker e valvole cardiache artificiali.
Silicone e il tumore della mammella: c’è relazione? I materiali di silicone sono stati studiati ampiamente in ricerche di laboratorio.
Questi dati sperimentali confermano che i materiali di silicone non provocano il cancro nell’uomo.
Questi studi sono molto importanti e forniscono prove fondamentali sulla sicurezza dei prodotti.
Ancora più affidabili sono tuttavia gli studi clinici che controllano direttamente l’effetto del silicone sull’uomo.
Tra questi i più importanti sono gli studi che riguardano donne alle quali sono state impiantate protesi mammarie da diversi anni.
I tumori della mammella originano dalle cellule dei dotti e dell’epitelio ghiandolare e da qui possono diffondersi in tutto il corpo.
In Italia circa una donna su dieci può sviluppare, nella sua vita un tumore al seno.

Se il silicone aumentasse la probabilità di ammalarsi di cancro, dovremmo aspettarci che le donne portatrici di protesi mammarie fossero più soggette a sviluppare tumori della mammella.
Ma non è così.

Il risultato di studi clinici conferma che il tumore della mammella non è più frequente in donne con protesi mammarie di quanto non lo sia nelle altre.

Uno studio condotto a Los Angeles all’ University of Southern California nel 1986 ha esaminato oltre 3.000 donne alle quali erano state impiantate protesi mammarie in silicone a scopo estetico tra il 1959 ed il 1980; i risultati hanno messo in evidenza che non vi è rischio aumentato di sviluppare tumore al seno in seguito all’inserimento di protesi.

Un altro studio condotto all’University of Calgary in Canada nel 1992 ha preso in esame oltre 11.000 donne cui furono impiantate protesi tra il 1973 ed il 1986, ed anche qui fu messo in evidenza che non vi era alcun aumento di rischio a sviluppare tumore al seno in seguito all’inserimento di protesi.

 

Protesi e mammografia

Sono possibili, ma poiché le protesi interferiscono, anche se minimamente, negli esami standard bisogna richiedere un esame a proiezioni multiple al radiologo.
Il radiologo è a conoscenza delle attuali tecniche di dislocazione per ottenere proiezioni del tessuto circostante le protesi.

 

Tipi di Protesi

Per quanto riguarda il guscio, esistono due tipi di protesi, liscia o testurizzata: la protesi testurizzata si presentano con un involucro esterno ruvido, senza tuttavia indebolirlo.

Il pregio delle protesi testurizzate è che hanno presentato una percentuale più bassa di contrattura capsulare, che è la più frequente e sgradita complicanza di questo intervento.
Attualmente esistono in commercio, anche protesi mammarie che presentano una micro testurizzazione.
La forma più comune delle protesi mammaria è rotonda.
Esistono delle protesi cosiddette anatomiche con forma a goccia, che consentono una maggiore proiezione del polo inferiore della mammella.
Il loro impianto va discusso con il medico a seconda delle indicazioni chirurgiche.

 

Prima dell’intervento

Sono necessarie alcune precauzioni, al fine di ridurre il rischio di complicanze.
In particolare è molto importate evitare l’assunzione di farmaci contente acido acetilsalicilico (Cardioaspirin; Alkaseltzer; Aspirina C; Ticlopidina; Vivin C ecc).
Eliminare o ridurre il fumo almeno 15 giorni prima e dopo l’intervento, in quanto il fumo compromette la vascolarizzazione periferica ed aumenta il rischio di sofferenza cutanea.
Procurarsi un reggiseno in tessuto elasticizzato.

 

L’intervento chirurgico

Il metodo di inserimento delle protesi ed il tipo d’accesso dipendono dall’anatomia della paziente. Le vie di acceso maggiormente utilizzate nella chirurgia di aumento del seno sono dall’areola, dal solco sottomammario oppure dalla regione ascellare. Le incisioni sono poco visibili in quanto rimangono nascoste, rispettivamente, lungo il contorno dell’areola o del solco mammario o nelle pieghe cutanee dell’ascella. Le protesi possono essere posizionate immediatamente sotto la ghiandola mammaria o su un piano più profondo, al di sotto del muscolo grande pettorale. Ambedue le soluzioni presentano vantaggi e svantaggi che vanno discussi con il proprio chirurgo. Si ricorre alla posizione sottomuscolare quando la persona è molto magra o ha pochissimo tessuto ghiandolare. Tubicini di drenaggio in aspirazione vengono posizionati per evitare raccolte siero-ematiche e rimossi circa 24- 48 ore dopo l’intervento. Un bendaggio particolare viene mantenuto per circa 10 giorni. L’intervento si svolge in anestesia generale o locale con sedazione ed ha una durata di circa un’ora e mezza.

 

Post-operatorio

La profilassi antibiotica iniziata il giorno dell’intervento sarà continuata durante la prima settimana post-operatoria.

Sebbene il dolore non sia quasi mai intenso, una terapia antidolorifica verrà prevista per garantire un decorso confortevole.

Nei primi 4-5 giorni possono comparire edemi ed ecchimosi che vengono riassorbite nell’arco di 10-15 giorni.
Già dalla sala operatoria viene applicato un reggiseno elasticizzato che dovrà essere indossato notte e giorno per le prime 4 settimane.

 

Possibili complicanze

L’intervento di mastoplastica additiva è ampiamente standardizzato, ma come tutti gli interventi può presentare delle complicanze.

La più comune è la contrattura capsulare (comunemente conosciuta come rigetto della protesi), anche se con l’avvento degli ultimi dispositivi protesici tale evenienza si verifica molto raramente.
Quando la protesi viene inserita all’interno del seno, l’organismo per difendersi da questo corpo estraneo crea intorno una capsula di tessuto cicatriziale.

Si tratta di un processo naturale che l’organismo applica nei confronti di qualsiasi elemento che non riconosce come proprio.
Questa capsula, che è sempre presente in questo tipo di intervento e che normalmente non da problemi, in una percentuale variabile di casi (dal 3% al 15% secondo letteratura) aumenta di spessore e si contrae intorno alla protesi, giungendo a deformare e causare dolore nei casi più gravi.

Esistono vari gradi di contrattura e nei casi più gravi si pone l’indicazione ad un nuovo intervento chirurgico.
Un’altra evenienza che può verificarsi, anche se in una bassissima percentuale dei casi è lo sviluppo di una infezione intorno alla protesi.
Normalmente accade nel primo post-operatorio ( 7-10 giorni).

Nei casi più importanti può essere necessario rimuovere la protesi ed attendere alcuni mesi prima di riposizionare un nuovo impianto.
La sensibilità del complesso areola-capezzolo può aumentare, diminuire o essere quasi assente.

Tale sintomatologia tende a risolversi spontaneamente nello spazio di alcuni mesi.
Anche un seno protesizzato invecchiata; le protesi mammarie come ogni altro materiale protesico ( valvole cardiache, protesi d’anca) si deteriorano nel tempo per cui si potrebbe rendere necessario la loro sostituzione dopo 10-15 anni, mentre il cono mammario, soprattutto se molto voluminoso, può andare incontro con il tempo ad una ptosi.

 

Ripresa dell’attività

Il ritorno alle normali attività è abbastanza rapido.

E’ buona norma attendere almeno una settimana prima della ripresa graduale delle comuni attività ed interrompere per almeno 4 settimane quella sportiva.
Nel caso in cui la paziente rimanesse incinta non esistono problemi per un eventuale allattamento in quanto nessuna tecnica prevede l’interruzione dei dotti e la ghiandola rimane funzionalmente intatta.